venerdì 31 maggio 2013

IL DECORSO CLINICO DELL'ANORESSIA 3

Malgrado in anni recenti siano sorti una moltitudine di diversi approcci al trattamento dell'anoressia, non vi è ancora accordo su quale sia il miglior modo di intervento. In generale non si discute sulla necessità di affrontare tanto gli aspetti fisiologici che quelli psicologici del disturbo mediante la combinazione di riabilitazione nutritiva, recupero del peso corporeo e psicoterapia a lungo termine. Al di là di tale prescrizione di ordine molto generale, vi è però una profonda differenza di opinioni su come il trattamento debba procedere. In generale il processo di recupero tende ad essere difficile, comportando a volte alcuni periodi di permanenza in ospedale e un certo numero di insuccessi della psicoterapia. I risultati di alcuni studi indicano che circa il 75% dei soggetti anoressici mostra qualche miglioramento sul lungo periodo se ci si limita a considerare il recupero del peso. I risultati sono però molto meno eclatanti se si considerano fattori quali la forma corporea, la preoccupazione per il cibo, e le difficoltà di adattamento sociale e sessuale. Un numero consistente di ex anoressici ha questi problemi anche dopo che ha recuperato peso. Anche se ultimamente la diffusione dell'anoressia è aumentata, in totale il numero di pazienti non è ancora molto elevato. Se si considera però questo numero in relazione all'età e alla popolazione colpita ecco che l'anoressia diventa una malattia grave e devastante, tragica per chi ne soffre e per la sua famiglia.
 
Fonte: "Anoressia e bulimia" di R. A. Gordon
 
 

giovedì 30 maggio 2013

IL DECORSO CLINICO DELL'ANORESSIA. 2

Quando l'anoressica giunge davanti al medico, la malattia è di solito in una fase piuttosto avanzata; infatti, e questo è un fatto negativo, anche se comprensibile, i familiari sperano sempre che il disturbo sia passeggero. Sebbene in qualche caso questo possa essere effettivamente vero, e l'anoressica alle prime fasi della malattia riesca da sola a uscire dalla situazsione in cui è incappata, nella maggioranza dei casi la famiglia resta intrappolata in una spirale di negazione e collusione involontaria, in quanto tende ad essere orientata verso l'esterno ed è quindi portata a negare l'esistenza di problemi. In ogni caso quando l'anoressica si trova al punto in cui il disturbo è identificato clinicamente, è già coinvolta in una complessa rete di atteggiamenti psicologici e di conseguenze fisiologiche associate alla prolungata denutrizione. Particolarmente pericoloso da un punto di vista medico è lo stato fisico del soggetto che tende a porre al centro dell'attenzione solo gli aspetti fisiologici della malattia. Una paziente anoressica che presenta ad esempio sintomi di cachexia (deperimento) quali pallore e fatica muscolare, crescita di peluria sul corpo (lanugine) e amenorrea, tenderà a mostrare delle irregolarità del battito cardiaco, come la brachicardia, insieme ad un complesso squilibrio associato alla cattiva nutrizione. Se la perdita di peso è stata notevole si è creata una situazione medica di emergenza che ha portato alla ospedalizzazione. L'anoressia ha un esito fatale in un numero variabile tra il 5 e il 10% dei casi diagnosticati, proporzione questa più elevata di quella di ogni altro disturbo psichiatrico. Non deve quindi sorprendere che gli aspetti medici di questo disturbo abbiano attirato un così grande interesse. Non c'è dubbio che una volta che la condizione si stabilizza l'anoressia implica squilibri fisiologici complessi e a volte incurabili che a loro volta contribuiscono ad aggravare la già alterata condizione mentale della paziente. Nonostante questo, ciò che inizialmente innesca il disturbo risiede con tutta probabilità nella storia evolutiva del soggetto, che si esprime in un contesto culturale.
 
Fonte: tratto da "Anoressia e bulimia" di R. A. Gordon
 
 

mercoledì 29 maggio 2013

IL DECORSO CLINICO DELL'ANORESSIA.

Una volta in corso l'anoressia ha un proprio sviluppo caratteristico come malattia, una dinamica interna che può essere considerevolmente indipendente dai fattori che le hanno dato origine. Quando la dieta si trasforma in digiuno e riduce infine alla "fame" vera e propria, l'anoressica tende ad accantonare le sue solite attività e relazioni personali, a intensificare un già eccessivo regime di esercizio e può per un certo periodo, raddoppiare gli sforzi indirizzati all'ottenimento del successo. E' ossessionata dal pensiero del cibo, da particolari farmaci dietetici, dai calcoli delle calorie, e dalla propria immagine riflessa nello specchio. Nelle prime fasi della malattia le anoressiche sperimentano spesso una sorta di euforia che ricorda lo stato descritto da chi limita l'assunzione di cibo per reali ragioni di salute o dai mistici. Queste esperienze sono peraltro brevi: più cresce il periodo di astensione dal cibo, più è probabile che intervenga e diventi dominante un senso di depressione.
Giunta ad un certo punto della malattia la paziente anoressica che ha perduto una rilevante quantità di peso tenderà a giustificare la sua condizione con ogni mezzo a sua disposizione, tra cui le diverse strategie di inganno e menzogna per le quali queste pazienti sono famose. Non è raro il ricorso a metodi ingegnosi per eliminare il cibo o per nascondere spaventosi livelli di dimagrimento sotto vestiti comodi, oppure ancora, l'uso di mezzi indiretti per gonfiare il proprio peso prima di un esame medico. L'anoressica non si limita ad ingannare gli altri ma in una certa misura è capace di convincere se stessa che "va tutto bene" e che non si è mai sentita meglio. Probabilmente nessun disturbo, tranne l'alcolismo, è tanto invariabilmente accompagnato dalla negazione della propria condizione. Per molti aspetti l'anoressica ricorda la situazione del tossicomane in quanto implica dipendenza e preoccupazione ossessiva per un comportamento orale (in questo caso il rifiuto del cibo) e il ricorso sistemico alla negazione e all'inganno per mantenere l'"apparenza".

Fonte: Anoressia e bulimia di R. A. Gordon

martedì 28 maggio 2013

LONDRA: MEGLIO NON DIRE AI FIGLI CHE SONO TANTO BELLI.

(ANSA) - LONDRA, 28 MAG - Dire al proprio figlio ''sei bello'' e riempirlo di complimenti sul suo aspetto fisico potrebbe fargli male, anzi malissimo. Addirittura ridurre in eta' adulta la sua autostima e causargli seri problemi psicologici. Lo ha detto il sottosegretario alle Pari Opportunita' britannico, Jo Swinson, che da tempo conduce una lotta serrata contro i ''falsi miti'' dell'immagine diffusi su media e pubblicita'.

Le parole di Swinson arrivano alla vigilia del lancio di un rapporto sulla campagna del governo riguardante l'aspetto fisico e l'autostima. Campagna che critica fortemente gli attuali canoni di bellezza che possono portare i piu' giovani al rifiuto del proprio corpo o anche a patologie come l'anoressia. Per evitare tutto questo si deve cominciare dai genitori e dal modo in cui trattano i loro figli. Secondo la sottosegretaria, infatti, le madri, in particolare, devono essere molto attente ogni volta che fanno apprezzamenti su quanto i figli siano belli o vestano bene e non mettere sempre l'accento sull'immagine.

''Molto meglio apprezzare la loro capacita' nel fare un puzzle, ad esempio, o tutte le cose che fanno di solito, oltre a premiare la loro curiosita' nel fare domande'', ha detto il politico. Non solo, secondo Swinson, che comunque non ha figli, i genitori dovrebbero anche evitare di parlare del proprio corpo ai loro figli. Una serie di dati mostrano la diffusione di problemi legati all'aspetto fisico. Un ragazzo su cinque, di eta' compresa fra i 10 e i 15 anni, non e' soddisfatto del suo corpo e il 72% delle ragazze pensa che venga data troppa attenzione al modo in cui le celebrita' femminili appaiono.

''Con questo non voglio dire che l'immagine sia da trascurare - ha aggiunto Swinson - e' molto importante se ad esempio si deve andare ad un colloquio ma non deve essere al centro di tutto''.

Il governo con la sua campagna sta cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica ma soprattutto i media su questo tema. Il sottosegretario ha di recente lanciato un appello alle riviste britanniche, inviando una lettera ai loro direttori, in cui chiedeva di dare sempre meno spazio alle diete per combattere il grasso e ai miti sul fitness. La Swinson si e' rivolta anche ai grandi magazzini britannici, come Debenhams e Marks & Spencer, invitandoli ad usare nelle loro pubblicita' immagini di modelle che il piu' possibile si avvicinassero alla ragazza comune. (ANSA)

Fonte: http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2013/05/28/ANSA-dite-figli-siete-belli-li-danneggia-Campagna-Gb_8782053.html

domenica 26 maggio 2013

UNA NUOVA DIPENDENZA: LA "DRUNKANORESSIA"
 
Una “moda” recentemente nata tra i giovani che pur non essendo riconosciuta ancora dalla comunità scientifica come patologia colpisce moltissime donne tra i quindici e i trent'anni.
La drunkanoressia è un nuovo tipo di dipendenza spesso associata ai disturbi delcomportamento alimentare: drunk (alcolizzato), anorexia (anoressia). È cosa risaputa che l'alcol apporta una notevole quantità di calorie, e nella realtà odierna, in cui la maggioranza delle persone pone grande attenzione alla dieta e all'aspetto fisico, si preferisce dare importanza al rito sociale dell'aperitivo a scapito dei pasti: il cibo è sostituito dal cocktail.
Recenti studi, riportati anche dal prestigioso The Indipendent, confermano che questa moda, recentemente nata tra i giovani, pur non essendo un fenomeno riconosciuto ancora dalla comunità scientifica come patologia, colpisce comunque moltissime donne tra i quindici e i trent'anni.
La Drunkoressia rappresenta dunque un grave pericolo per la salute che nei casi peggiori può divenire letale associando i rischi medici e psicologici dell'anoressia/bulimia a quelli dell'alcolismo.
I problemi psicologici derivanti possono essere: disturbi del sonno, disturbi sessuali, sintomi depressivi, irritabilità, stress, ansia, sintomi ossessivi compulsivi quali per esempio il calcolo delle calorie tra cibo e alcol o la fissazione su tabelle e modelli nutrizionali, per non parlare dei pensieri ricorrenti e intrusivi riguardanti le modalità di preparazione e assunzione del cibo.
I rischi e le conseguenze fisiologiche della Drunkanoressia sono quindi i medesimi dell'anoressia combinati con quelli dell'abuso di alcol.
Nello specifico: amenorrea, osteoporosi, problemi cardiaci, danni epatici, tremori, neuropatie, problemi renali, ulcere al cavo orale, squilibri elettrolitici. Non ultimo, le donne che fanno uso di alcol in modo eccessivo e limitano l'assunzione di cibo, cadono spesso in frustrazioni amplificate dal fatto che, la fisicità femminile subisce visibili devastazioni poiché tale pratica rende il corpo particolarmente cadente.
Spesso l'ossessione di magrezza, trae linfa vitale da figure dello spettacolo
considerati modelli di bellezza e personaggi vincenti, i quali in realtà non sono altro che esempi di un modus vivendi deviato. Paris Hilton, per esempio, e tante altre incarnano autentici modelli dello sballo, personaggi senza storia che dettano comunque una moda da imitare ed emulare. Per adesione a tali modelli "cool" il bere diventa la chiave per essere accettati dal gruppo di pari.
 
 
 

venerdì 24 maggio 2013

LE DONNE CONSUMANO PIU' ANTIDEPRESSIVI RISPETTO AGLI UOMINI.

Perché le emerito di Psicofarmacologia Clinica presso il King’s College di Londra spiega che ci sono motivazioni biologiche e psicologiche in grado di spiegare la differenza tra uomini e donne nell’intraprendere un percorso di psicoterapia.
“Ci sono influenze e fattori particolari che operano nelle donne e che sono assenti o meno importanti negli uomini”, dice il professor Laderdonne consumano più farmaci psichiatrici (ansiolitici, antidepressivi) rispetto agli uomini?
Uno studio condotto negli Stati Uniti ha riscontrato che il 29 % delle donne, contro il 17 % degli uomini, ha affrontato, almeno una volta nella vita, un trattamento di salute mentale.
Di solito, le donne si rivolgono a centri specializzati in psicoterapia per problemi legati alla depressione, frutto di disagi familiari e di un passato complesso.
Si stima che una donna su quattro richiederà un trattamento piscologico nel corso della sua vita, contro un solo uomo su dieci.
Il professor Malcolm Lader, docente  elencando diversi disturbi cui vanno incontro le donne nella loro vita, come il parto, la depressione puerperale e la psicosi: situazioni che espongono le donne a maggiori problemi psichici rispetto agli uomini.
“Ovviamente”, aggiunge il professore, “si tratta comunque di esempi estremi”.
Per quanto riguarda l’anoressia e la bulimia (i disturbi alimentari cui vanno incontro le persone in età adolescenziale ma anche più avanzata) statisticamente sono più comuni nelle donne rispetto agli uomini, secondo il professore, che punta i riflettori sulle influenze biologiche o sociali, come cause di simili disturbi.
“Per quanto riguarda le condizioni che sono alla base di queste fobie e disturbi d’ansia, esse possono affliggere indistintamente sia le donne che gli uomini”, dice Lader che osserva come le persone affette da simili disturbi tendano inevitabilmente a distorcere la realtà dei fatti.
Un altro aspetto molto interessante, sottolinea l’esperto, riguarda la distinzione tra sindrome depressiva e disturbi d’ansia. Spesso, infatti, si tende ad avere lo stesso approccio terapeutico per entrambe le forme di disagio psicologico.
Questa distinzione, invece, è estremamente importante, perché la depressione e disturbi d’ansia rappresentano i mali psichici peggiori e più diffusi e vanno trattati in maniera differente.
Nel Regno Unito , infatti, i farmaci più presenti in commercio e consumati sono gli antidepressivi SSRI, concessi rigorosamente sotto prescrizione medica non solo per curare la depressione, ma anche una varietà di disturbi d’ansia, che vedono nei pazienti di sesso femminile i consumatori principali.
Nella caterva di farmaci che vanno per la maggiore, ricordiamo certamente il Valium ed il Prozac.
In base ad indagini condotte è emerso anche un altro dato interessante: i pazienti di sesso maschile restano meno irretiti dagli effetti e dalla suggestione di certa pubblicità sui farmaci psichiatrici.
Le donne, invece, risultano più suggestionabili sotto questo aspetto e ciò determina un maggior consumo di questi rimedi da parte delle pazienti di sesso femminile.
 
 

 
 

martedì 21 maggio 2013

"CHI AMA... CHIAMA"

In Italia i disturbi del comportamento alimentare (DCA) coinvolgono approssimativamente due milioni di giovani: su 100 adolescenti circa 10 ne soffrono; di questi 1-2 presentano forme conclamate e più gravi come l’Anoressia e la Bulimia mentre gli altri hanno manifestazioni cliniche transitorie e incomplete. (Dalla Ragione L., 2005).
Secondo dati aggiornati a novembre del 2006, forniti dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, la prevalenza dell’ Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa in Italia sarebbe rispettivamente dello 0.2%-0.8% e dell’1%-5%, in linea con quanto riscontrato in molti altri paesi.
Durante l'incontro si illustreranno segnali, sintomi e cause dei DCA, nonché le modalità con cui affrontare questi tipi di patologie.
Il Centro Orizzonti sarà ben lieto di poter illustrare, sabato 11 Maggio, ai partecipanti lo sportello Chi Ama...Chiama", uno spazio rivolto a tutti coloro che soffrono di disagio psichico e ai loro familiari che vogliono intraprendere un percorso terapeutico insieme all'équipe multidisciplinare del Centro.
Sarà inoltre, un'occasione per conoscere un'iniziativa molto interessante che si sta svolgendo in tutta Italia: IL MIP 6 - MAGGIO DI INFORMAZIONE PSICOLOGICA.
Durante il mese di Maggio ci saranno SEMINARI INFORMATIVI GRATUITI ai quali partecipare e potrete anche chiedere un colloquio psicologico gratuito con uno degli ADERENTI MIP. Per maggiori informazioni consultati il sito www.psicologimip.it
 
 

lunedì 20 maggio 2013

DSM, ECCO LA NUOVA "BIBBIA" DEGLI PSICHIATRI CHE FARA' IMPAZZIRE IL MONDO.

L'ultima edizione del manuale diagnostico (The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - DSM) viene criticata da mesi da molti medici perché contiene criteri diagnostici spesso discutibili, ma sarà comunque presentata al meeting American Psychiatric Association a San Francisco

Rischia di ‘far impazzire il mondo’ l’ultima edizione del manuale diagnostico (The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM) criticata da mesi da molti psichiatri perché contiene criteri diagnostici spesso discutibili che potrebbero moltiplicare i pazienti psichiatrici e disseminare nuove malattie.
Chiamata prima DSM-V e ora DSM-5, la V edizione, 947 pagine per 199 dollari, oltre 300 malattie catalogate (sarà presentata al meeting della American Psychiatric Association a San Francisco), ha numerosi aspetti negativi rispetto alle precedenti. “Uno dei cambiamenti peggiori – spiega all’Ansa lo psichiatra Paolo Migone dell’Università di Parma – consiste nell’abbassamento delle soglie per la diagnosi (ridotto il numero di sintomi sufficienti a dire che una persona è malata), col risultato che si creeranno molti falsi positivi con conseguente aumento di consumo di farmaci, che peraltro aumenteranno i costi per il Servizio sanitario nazionale e i cittadini”.
Tante le nuove malattie ‘create’ dal DSM-5, per esempio il disturbo di disregolazione dirompente dell’umore che medicalizzerà gli scatti di rabbia, con conseguenze soprattutto sui bambini. La tristezza del lutto diverrà depressione, con somministrazione di farmaci inutili a quanti hanno perso una persona amata e vivono il lutto più a lungo del “normale”. Normali dimenticanze e defaillance cognitive degli anziani verranno diagnosticate come disturbo neurocognitivo minore, creando falsi allarmi e sofferenze in persone che non svilupperanno mai una demenza e anche chi la svilupperà, dato che non vi è una terapia per curarli, fa notare Migone.
Aumenteranno le diagnosi di iperattività e deficit d’attenzione (ADHD) soprattutto nell’adulto, con crescita dell’abuso di stimolanti. A causa dell’abbassamento della soglia diagnostica del disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating), abbuffarsi 12 volte in tre mesi non sarà più segno di golosità, ma malattia mentale. Per di più, continua Migone, l’introduzione del concetto di ‘dipendenze comportamentalì (le nuove dipendenze) potrà “favorire una cultura secondo cui tutto ciò che ci piace molto diventa disturbo mentale”.
Ma c’è anche chi non la pensa così: “Vi è stata enfasi eccessiva sui cambiamenti del DSM-5″ sostiene Carmine Parlante, psichiatra del King’s College di Londra. Per esempio l’idea che vi sono più disturbi non è corretta: ve ne sono alcuni che in prime edizioni erano ancora indicati come necessitanti maggiore ricerca e che invece nel Dsm-5 sono riconosciuti pienamente (per esempio il Binge Eating). Alcuni cambiamenti sono stati criticati perchè a rischio di medicalizzare esperienze normali, ma secondo me l’intenzione dell’APA era l’opposto. Per esempio, si è eliminato il lutto come criterio di esclusione per la depressione, ma non vuol dire che normali reazioni di lutto verranno medicalizzate”.
“E’ importante ricordare che la forza di queste classificazioni diagnostiche è la capacità di offrire criteri simili per riconoscere lo stesso disturbo in pazienti che vivono in contesti clinici e culturali diversi Ma la diagnosi – spiega – rimane un momento clinico e dipende dalla capacità del medico di fare le domande giuste. Ovviamente è importante integrare la valutazione clinica con quella biologica – conclude – il futuro sono i marcatori molecolari per predire la risposta al trattamento e personalizzare la terapia: per esempio, si deciderà con un esame del sangue se quel singolo paziente migliorerà spontaneamente entro poco tempo, o se ha bisogno di un farmaco e quale o quale terapia psicologica sia più indicata per lui”.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/18/ecco-bibbia-degli-psichiatri-che-fara-impazzire-mondo/598476/

domenica 19 maggio 2013

I DANNI CAUSATI DALLA CARENZA DI CIBO.

L'anoressia provoca conseguenze gravi all'organismo. Ecco le principali.

Cuore
Una costante, e forte, carenza di cibo indebolisce il cuore, che non riceve più l'energia sufficiente per funzionare al meglio. Gli anoressici si sentono in permanenza deboli e spesso hanno freddo. L'assenza di certi minerali (dovuta alla riduzione troppo drastica degli alimenti) può innescare delle aritmie dovute principalmente alla carenza di potassio.

Intestino
L'intestino disimpara a lavorare e diventa sempre più pigro. Si innesca, così, un circolo vizioso: il senso della fame tende a passare, l'addome diventa dolente, l'avversione per il cibo aumenta.

Ormoni
Drastiche perdite di peso possono influenzare anche la produzione di certi ormoni, in particolare di quelli sessuali. Se questo avviene in una persona molto giovane, si verificano squilibri nell'avvio della pubertà. Nelle persone adulte può insorgere, invece, un calo della libido, fino all'impotenza. Nei casi estremi subentra anche la sterilità.

Pelle
Le persone anoressiche hanno la pelle secca e spesso danneggiata. Gli squilibri ormonali producono una fine peluria presente sulle guance e sulla schiena.

Cervello
Nel cervello delle persone anoressiche si verifica uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori, e in particolare della serotonina, che probabilmente è associata ai pensieri ossessivi presenti, all'origine, nei disturbi del comportamento alimentare.

Capelli
La carenza di proteine indebolisce i capelli, che diventano sottili e fragili.

Reni
L'insufficiente apporto di liquidi può danneggiare in modo grave l'apparato urinario, e in particolare i reni, perché le sostanze dannose contenute nel sangue aumentano la loro concentrazione e la permanenza nell'organismo.

Unghie
Come i capelli, anche le unghie diventano fragili per la carenza di alcune proteine.

Ossa
Le ossa perdono il calcio e altri minerali. Non trovando queste sostanze negli alimenti, le «centrali di controllo» dell'organismo vanno a cercarle lì dove le trovano: nello scheletro, che va progressivamente incontro a un processo di osteoporosi.

Muscoli
Anche i muscoli vengono auto digeriti dall'organismo, che ha assolutamente bisogno di proteine e non riesce a recuperarle attraverso il cibo. Così, vengono demoliti i muscoli ed estratte le proteine da cui sono formati. È un meccanismo molto pericoloso, che si estende anche alla muscolatura del cuore.
(Fonte: http://www.ok-salute.it/diagnosi-e-cure/10_a_anoressia-conseguenze-organismo.shtml)

sabato 18 maggio 2013

UN METODO PER CURARE L'ANORESSIA A CASA.
Il metodo Maudsley adottato per uscire dall’anoressia prende il nome dall’ospedale inglese dov’è stato sviluppato negli anni 80, il Maudsley Hospital del King’s College di Londra. «È un metodo scientificamente accettato, rivolto ai genitori dei pazienti minori con anoressia per cercare di evitare il ricovero», spiega Camillo Ezio Di Flaviano (chiedigli un consulto), direttore del centro di riabilitazione psiconutrizionale della casa di cura Villa Pini d’Abruzzo a Chieti, una delle strutture italiane che adotta il Maudsley.

Come funziona «I parenti del malato vengono invitati a modificare gli abituali schemi di relazione all’interno del nucleo familiare», racconta Janet Treasure, psichiatra che da più di 25 anni pratica il metodo presso il Maudsley Hospital. «In molti casi i genitori si addossano le colpe come se fossero i principali responsabili di quanto sta accadendo, ma in realtà i disturbi alimentari non sono mai causati da un unico fattore, quindi mamma e papà non dovrebbero colpevolizzarsi. occorre parlare in casa del problema, senza mai negarlo o sottovalutarlo, ma nemmeno facendolo diventare l’unico argomento di conversazione».
Diventare troppo protettivi non è utile, perché si rischia che la persona non riesca a sviluppare abilità e autonomia necessarie a guarire. «Costringere a mangiare è un altro errore: il risultato è una ribellione e i disturbi peggiorano», continua Treasure. «Bisogna poi cercare di non far trapelare il senso d’impotenza, che farebbe sentire il malato l’anoressico in colpa. Va trovato il giusto equilibrio tra emotività e controllo, mostrandosi disponibili ad ascoltare e incoraggiando, senza forzare le tappe del percorso di guarigione».

I limiti «Il metodo Maudsley è adatto solo ad anoressici giovani che abbiano una famiglia molto disponibile a essere coinvolta nel trattamento e che abbiano una malattia allo stato iniziale», avverte Emilia Manzato, che dirige il centro per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale universitario di Ferrara. «Il metodo è difficilmente applicabile negli adulti, in chi soffre di anoressia da molto tempo o in chi soffre di altri disordini alimentari come bulimia o disturbo da alimentazione incontrollata. Inoltre è un trattamento a breve termine (circa nove mesi) che non contempla il monitoraggio del disturbo nei periodi successivi. e si sa dalla letteratura scientifica che i primi due anni dopo un trattamento sono i più a rischio di ricadute».
I centri specializzati in Italia. Ecco alcune delle strutture, accreditate con il Servizio sanitario nazionale, che propongono il metodo Maudsley.

Casa per la Salute della Mente, Brusson (Aosta), tel. 0125.300037

Villa Miralago - Centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare, Cuasso al Monte (Varese), tel. 0332.920275

• Asl 2 Savonese - Centro disturbi alimentari, Pietra Ligure (Savona), tel. 019.6235021, 019.62352839

Centro di riferimento provinciale Assl 10 San Donà di Piave, Portogruaro (Venezia), tel. 0421.399211

Ausl 2 dell’Umbria – Centro per i disturbi del comportamento alimentare Residenza Palazzo Francisci, Todi (Perugia), tel. 075.8942577

Villa Pini d’Abruzzo - Centro di riabilitazione nutrizionale, Chieti, tel. 0871.3430

• Asp Potenza - Fondazione Stella Maris Mediterranea - Centro di riferimento regionale per la cura dei disturbi del comportamento alimentare e del peso Giovanni Gioia, Chiaromonte (Potenza), tel. 0973.641214.
Fonte: http://www.ok-salute.it/diagnosi-e-cure/12_a_maudsley-anoressia-centri.shtml


venerdì 17 maggio 2013

Il primo caso di anoressia

Nella coscienza popolare l'anoressia è un concetto relativamente nuovo. Il disturbo infatti era generalmente sconosciuto, tranne che per pochi specialisti, prima degli anni Settanta, quando irruppe improvvisamente sulla scena pubblica. Ma la storia dell'anoressia come entità clinica, in realtà, si estende indietro nel tempo per almeno tre secoli.
Nel 1689, Thomas Morton, un medico inglese religioso non conformista diede notizia, in un grosso trattato sulla consunzione, di una sindrome "da deperimento" di origine nervosa; questa va considerata la prima descrizione medica dell'anoressia. I sintomi essenziali descritti da Morton, "inappetenza" e perdita di peso, non erano accompagnati da altri sintomi tipici della consunzione (ad esempio febbre o tosse) ed erano apparentemente attribuibili a "preoccupazioni ansiose o malinconiche". Morton descrisse la prima paziente, figlia di un tale Duke, come una ragazza di diciotto anni che "studiava assiduamente sui libri" , a dispetto di un chiaro deperimento e che si mostrava indifferente al freddo di un inverno straordinariamente rigido. Come le anoressiche moderne, rifiutava le cure mediche che le venivano offerte e morì in seguito a un attacco di sfinitezza.

(Tratto da  Anoressia e bulimia di R. A. Gordon)

giovedì 16 maggio 2013

Strategie di cambiamento

Quando una famiglia anoressica entra in terapia, di solito i familiari della paziente vengono visti solo come suoi accompagnatori. Secondo loro, qualcosa in questa bambina è andato terribilmente storto, ed essi si aspettano che il terapeuta lavori su di lei, pensando che una guarigione renderà di nuovo possibile tornare alla vita familiare, che ricordano felice e piena d'amore.
E' naturale, anche se degno di nota, che la famiglia pensando alla malattia seuga il modello lineare. Secondo loro la ragazza è impazzita e i genitori non possono aiutarla. Sono passati attraversro un lungo periodo in cui hanno cercato di affrontare il problema e si sono convinti che non possono risolverlo. Hanno provato tutto l'immaginabile _ a lusingarla, a rimproverarla, a blandirla, ad allettarla. Hanno fallito. Al momento in cui la famiglia entra in terapia, può darsi che i genitori dell'anoressica stiano lottando in tutti i modi contro il rifiuto di mangiare della ragazza, come può darsi che ci abbbiano rinunciato completamente. In ambedue i casi, si aspettano che il terapeuta tratti il problema così come esso appare a loro.
Per il terapeuta familiare, tuttavia, una bambina anoressica è parte di un sistema psicosomatico. Il modo più efficace per cambiare i sintomi è modificare i modelli che lo mantengono. Il fine della terapia è che cambia non solo l'individuo, ma il sisitema funzionale della famiglia, in modo da venire incontro a tutti i bisogni di autonomia e di sostegno dei suoi membri. Questo obiettivo può venire raggiunto solo sottomettendo al processo terapeutico il coinvolgimento reciprocamento restrittivo di famiglia e bambina.

(Tratto da "Famiglie psicosomatiche" di S. Minuchin)

domenica 12 maggio 2013

La famiglia.

L'anoressia, 'perdita di appetito', è un termine che può descrivere solo il comportamento della paziente designata, non il comportamtno della famiglia.
Possiamo coniare una nuova parola, per quanto brutta _ 'anoressiogena' _ per descrivere la famiglia che produce bambine sofferenti di anoressia. Ma rimarremmo ancora dentro una struttura lineare attribuendo la causalità alla famiglia e facendo della bambina anoressica una vittima indifesa. Nell'ambito di una visione sistemica si vuole tentare di descrivere il paziente designato come partecipante attivo al processo in cui non ci sono né tiranni né vittime, ma solo membri di una famiglia coinvolti nelle piccole cose della vita di ogni giorno.
Uno dei più importanti gruppi di riferimento è la famiglia. La convalida della famiglia è di importanza vitale per tutti i membri della famiglia, ma in particolare lo è per i figli, sottoposti a mutevoli processi di formazione dell'identità. Due caratteristiche_ autonomia e appartenenza_ sono fondamentali per l'identità umana. Ed è all'intenrno della famiglia che i bambini sviluppano il senso di sé come individui autonomi, che appartengono e possono dipendere da un certo gruppo. Il modo in cui funziona la famiglia, dunque, ha implicazioni importantissime per lo sviluppo dell'individuo. I modelli transazionali della famiglia costituiscono la matrice della crescita psicologica.
Il modo più facile per definire un sistema famiglia è descriverlo come avente inizio nel momento in cui due persone si uniscono con il proposito di formare una famiglia, poiché ciascuno dei due partner è cresciuto in una famiglia propria, ciascuno ha la propria mappa cognitiva e le proprie aspettative di ruolo rispetto all'interazione umana. Ognuno presume che per comunicare le persone usino certe regole. Ognuno presume che certi valori siano veri. I paradigmi di ambedue i partner devono essere mantenuti, in modo che ciascuno possa conservare il senso di sé. Ma i due paradigmi devono anche conciliarsi, in modo che divenga possibile la vita in comune.
Nel processo di conciliazione dei loro paradigmi, i coniugi sviluppano nuovi modellli transazionali. Questi modelli possono rappresentare dei compromessi, o possono comprendere diversità irrisolte. Ma in ambedue i casi i nuovi modelli transazionali divengono familiari e quindi preferiti. Un'unità coniugale si è formata.
Fin dai primi anni, il bambino sperimenta differenti segmenti del suo potenziale biopsicologico. Alcuni aspetti della sua personalità vengono rinforzati da transazioni all'interno della famiglia. Altri aspetti vengono scoraggiati o limitati. Come risultato di questo feedback, alcuni modi d'essere cadono in disuso e divengono meno accessibili per il bambino. Altri tipi di input e di riposta, incoraggiati dalla famiglia, divengono familiari e facilmente utilizzabili. Questi modi d'essere abituali tedono a venir identificati come sé.
Quando il bambino cresce, il suo modo d'essere entra in contatto con altri gruppi sociali. Nel mondo extrafamiliare esso sperimenta i modelli che ha appreso nella famiglia. Usa i modelli sviluppati nei sottosistemi dei genitori e del gruppo di fratelli e sorelle per intraprendere relazioni con altre persone a diversi livelli. Usa modelli che ha visto nei sottosistemi adulti per intraprendere rapporti con i coetanei.
Sperimenta inoltre i valori e gli input extrafamiliari. All'inizio questi vengono trasmessi attraverso la famiglia. Più tardi vengono sperimentati più direttamente, a livello individuale. Ma il senso di sé del bambino come parte del mondo è ancora mediato dalla famiglia, e le sue risposte nell'ambniente extrafamiliare continuano a essere convalitadate e o squalificate dalle reazioni della famiglia. La famiglia rimane il gruppo che deve assicurare la sua sopravvivenza, provvedendo ai suoi bisogni fisici e psicologici e proteggendolo dal pericolo e dalla malattia.
L'identità cresce con lentezza e si costruisce sulle numerose interazioni interne ed esterne alla famiglia che definiscono per il bambino chi è e dove si colloca. Il suo senso di interazione cambia man mano che cresce, dal momento che anche lui è un organismo in continuo cambiamento con bisogni, interessi e capacità in continuo cambiamento. In questo processo, organizza la sua esperienza in modi via via più complessi. D'altra parte, fino all'adolescenza il sistema famigliare è il luogo primario di crescita. Il modo in cui esso funziona influenza e addirittura definisce il progresso del bambino.

(Tratto da "Famiglie psicosomatiche" di S. Minuchin)

mercoledì 8 maggio 2013

Deborah Kaplan

A quattordici anni Deborah Kaplan sviluppò la sindrome conosciuta come anoressia mentale. Come spesso accade, sembra che la malattia sia iniziata quando Deborah decise di seguire una dieta per poter intraprendere la carriera di modella. All'inizio seguì una normale dieta dimagrante; ma nel giro di otto mesi andò eliminando sempre più cibi, finché si ridusse a mangiare solo mele, formaggio magro e acqua. Il suo peso scese dai 50 ai 35 chili e si sviluppò un'amenorrea. Allo stesso tempo Deborah aumentava i suoi livelli di attività. A volte si svegliava alle quattro o alle cinque del mattino e usciva a camminare per chilometri fino al momento di andare a scuola. Se era costretta a stare a casa si metteva a correre senza sosta su e giù per le scale. Continuò ad andare bene a scuola come sempre ma si allontanò quasi completamente dalla vita sociale della scuola e della sinagoga. I genitori la descrivevano come una brava ragazza; erano orgogliosi dei suoi voti e del suo comportamento, ma non riuscivano a spiegare il suo rifiuto di mangiare.
Alla fine, su raccomandazione del pediatra, Deborah venne ricoverata in un reparto pediatrico in cui si conduceva una ricerca sulle influenze della famiglia sulle sindromi psicosomatiche nei bambini. Esami medici rigorosi esclusero la possibilità che il suo rifiuto del cibo fosse dovuto a una causa organica e Deborah e la sua famiglia furono inviati allo psichiatra dell'équipe. Il problema presentato era un'anoressia mentale.
L'anoressia mentale è una sindrome psicosomatica caratterizzata da sintomi di natura sia psicologica che fisica. Può essere fatale, con tassi di mortalità del 10-15%. Il disturbo di solito compare nelle femmine del ceto medio, mentre la percentuale dei maschi anoressici è estremamente bassa. Solitamente inizia nell'adolescenza, sebbene in alcuni casi possa iniziare nella preadolescenza o in età adulta.
I sintomi fisici consistono in una perdita di peso di oltre il 25% e una o più delle seguenti condizioni: amenorrea, iperattività e ipotermia. La sintomatologia psicologica comprende il desiderio di dimagrire, la paura di acquistare peso, la negazione della fame, una distorta immagine corporea, un senso di inefficienza e uno sforzo di controllo.

(Tratto da "Famiglia psicosomatiche" di S. Minuchin)

martedì 7 maggio 2013

Paure

Le donne con alterazioni nel controllo dell'appetito non sono così autonome e indipendenti come vogliono apparire. Sono persone che non amano il loro vero Io e che non riescono a formulare richieste o rifiuti per paura di non essere più amati. Servendosi della distanza evitano che gli altri si avvicinino. Hanno paura del contatto in tutti i sensi. Toccare qualcuno significa anche commuoverlo. La commozione implica emozione, debolezza. perdita di controllo, lacrime, umiltà. Non si può essere freddi, orgogliosi e superiori, quando si è commossi, quando si è emotivamente coinvolti.
Così con il bisogno incoercibile di mangiare o la negazione del cibo vengono messe a tacere le emozioni e questo è certamente più sicuro che lasciarsi andare o essere trascinata emotivamente.
Chi ha paura di essere toccato a livello fisico e psichico ha anche paura di 'far entrare' qualcosa. E chi ha paura di far entrare, ha anche paura della sessualità. Infatti, le donne che presentano disturbi alimentari hanno anche problemi con la sessualità, specialmente nell'abbandonarsi al partner. Abbandono e controllo non si conciliano. Per abbandono non si intende soltanto l'abbandono sessuale, ma anche l'abbandonarsi a una situazione, ossia ogni forma di coinvolgimento. Se lascio che qualcuno si avvicini a me, questo qualcuno vedrà dietro la facciata, mi conoscerà come realmente sono. Percepirà di me cose che neppure io vedo e che spesso non voglio neppure vedere.
Le donne che soffrono di disturbi alimentari temono di essere scoperte. Hanno bisogno di distanza proprio per non essere viste come in realtà sono: esseri fragili. bisognosi, con il terrore di essere respinti e di non ricevere ciò che desiderano. Convinte come sono che la possibilità di ricevere un poco di amore, di affetto dipenda dalla capacità di essere 'abbastanza brave', tentano di diventare come credono di dover essere per meritarsi l'amore: utili, forti, affidabili, intelligenti e altre cose ancora. Se qualcuno supera la barriera protettiva e vede come sono in realtà, le assale il terrore di essere rifiutate, abbandonate.
La situazione, purtroppo, è ancora più complessa: le persone affette da questi disturbi, infatti, hanno anche paura che i propri bisogni possano essere soddisfati da qualcuno e che possa quindi crearsi un legame di dipendenza. Un 'eventale perdita di questo qualcuno sarebbe per loro ben più duro da sopportare che lo stato di privazione preesistente. In questo caso il principio 'occhio non vede, cuore non duole' non funzionerebbe più perché un bisogno una volta risvegliato e soddisfatto non può più essere nascosto a sé stesso e agli altri. Se qualcuno è in grado di dare a un altro qualcosa di fondamentale, di vitale, qualcosa di cui non si è mai avuto abbastanza egli si trova in una posizione di grande potere.
Come può una donna che ha una scarsa considerazione di sé credere a una appagamento durevole dei suoi bisogni? Essa conosce la propria avidità, la propria ingordigia e il conseguente, temuto rifiuto. Non crederà di poter ricevere abbastanza e questo le fa paura. Per placare questa paura può tentare di dimostrare la propria capacità oppure fuggire. I sintomi rappresentano anche vie di fuga, vie di fuga dalla vita.

(Tratto da "Donne che mangiano troppo" di Renate Gockel)

lunedì 6 maggio 2013

Radici comuni.

Tra anoressia, bulimia e obesità esistono più affinità che differenze e il lavoro terapeutico svolto con pazienti appartenenti a queste tre categorie ha sempre rivelato in modo inequivocabile che tutti i disturbi alimentari a carattere maniacale hanno radici comuni.
Tali radici, per restare nell'ambito dell'analogia con il mondo vegetale, sono sotterranee, ossia inconsce. In superficie, e quindi visibili, sono il fusto e i rami, che corrispondono al diverso manifestarsi dei disturbi alimentari, comprese le forme intermedie. Naturalmente, non è casuale che una donna diventi anoressica piuttosto che bulimica: la malattia è il risultato della storia individuale, e questa è tanto diversa quanto diverse sono le condizioni di crescita dei rami di una pianta.
Le radici comuni a tutti i disturti alimentari affondano nelle primissime fasi dell'alimentazione, nell'appagamento del bisogno del lattante. Che cosa può fare un neonato, se non ottiene una risposta adeguata alle proprie esigenze di nutrimento, protezione, calore e sicurezza? Può cercare di attirare la madre; ma, se anche questo fallisce, non gli resta che rassegnarsi cercando di limitare i propri bisogni. Ciò che scaturisce da tale rassegnazione, e che perdura anche in età adulta, è la sensazione di non aver ricevuto abbastanza, di averci rimesso.
Le persone che soffrono di disturbi alimentari non hanno ricevuto soltanto troppo poco: spesso il cibo, la protezione, l'accettazione non sono stati dati quando venivano richiesti, ma quando l'adulto riteneva fosse giusto concederli.
Che cosa può imparare un neonato in queste circostanze? Impara ad afferrare e a trattenere inesorabilmente ciò che riceve. Poiché non possiede ancora il concetto di tempo, agisce in base al principio 'ora o mai più'. Questo modello di comportamento è facilmente riscontrabile negli individui che soffrono di disturbi dell'alimentazione anche in età adulta: limitata capacità di sopportare le frustrazioni, avidità, ingordigia, tendenza ad aggrapparsi agli altri nei rapporti di amicizia e d'amore. Costoro non credono di poter mai ricevere abbastanza e soprattutto nel momento in cui lo desiderano. Con la loro avidità, con questo loro afferrare-aggrapparsi costringono amici e partner a difendersi per non essere divorati. Questa avidità riguarda tuttavia solo gli amici più intimi o i membri della famiglia; esteriormente questi individui appaiono per lo più forti, superiori, competenti.

(Tratto da "Donne che mangiano troppo" di Renate Gockel)

domenica 5 maggio 2013

La distanza.


Questi tre disturbi dell'alimentaxzione producono lo stesso risultato: creano distanza.

L'anoressica si erge psicologicamente su tutti gli altri, i deboli; la bulimica offre agli altri un'immagine di sé diversa dalla realtà, una sorta di finta facciata; l'obesa costruisce attorno a sé un'impenetrabile barriera protettiva. Perché e a quale scopo la donna affetta da disturbi alimentari crea questa distanza?

La donna anoressica è orgogliosa di tenere così bene in pugno il proprio organismo e i propri bisogni. A livello psichico, tuttavia, le manca questa autonomia; non è indipendente né in grado di decidere per sé e teme di perdere questo controllo faticosamente conquistato.

La donna bulimica accetta solo la propria immagine perfetta e rifiuta il vero Io, che quasi nemmeno conosce e di cui teme il manifestarsi. Nei suoi attacchi incoercibili di fame si impone questa parte diversa, che è lontana dalle sue pretese di perfezione e che bisogna rendere innocua. La donna bulimica concede troppo poco spazio alla propria vera personalità, che quindi deve trovare uno sbocco a livello fisico. Ciò che le manca a livello cosciente è l'accettazione di sé, la capacità di fare posto al proprio vero Io.

La donna grassa, obesa, si isola fisicamente grazie alla sua barriera protettiva, dato che non riesce a farlo a livello psichico. Servendosi della ripugnanza che ispira, tiene letteralmente gli altri a distanza. Donne grasse, dopo aver perso venti chili, tornavano rapidamente a ingrassare proprio perché incapaci di sopportare l'interesse suscitato dal oro nuovo aspetto. All'improviso uomini e donne si comportavano con loro in modo totalmente diverso e questo le terrorizzava, perché erano prive della barriera protettiva.

(Tratto da "Donne che mangiano troppo" di Renate Gockel)

sabato 4 maggio 2013

I disturbi alimentari.

A seconda del comportamento alimentare e della corporatura dell'individuo i disturbi alimentari vengono suddivisi in tre grandi categorie: anoressia, bulimia e obesità. Questi quadri clinici presentano molte caratteristiche tipiche di una mania: l'avida ricerca di un dato elemento, la segretezza, uno stato di ebbrezza o meglio di offuscamento della ragione, seguito da un brusco risveglio accompagnato da sensi di colpa e di vergogna e dal proposito di iniziare l'indomani una nuova vita, proposito che regolarmente non viene mantenuto.

L'anoressia è caratterizzata dalla riduzione volontaria dell'assunzione di cibo che, in certo casi, può portare a uno stato di dimagrimento letale. I soggetti anoressici, con la loro apparente gracilità, il loro corpo sfinito e consunto, suscitano un senso di pietà, a volte anche di ribrezzo, sempre comunque di stupore. L'anoressica sembra dire: "Tengo sotto controllo il mio corpo e i suoi bisogni e vi odio tutti, voi che siete così deboli da cedere ai bisogni del vostro corpo. Io sono più forte di voi, mi sento superiore". Un soggetto anoressico ha sempre un che di inavvicinabile.

Si parla invece, di bulimia quando esiste uno smodato bisogno di mangiare, patologio e condizionato psichicamente. Di norma, alla fine dell'attaccco di fame il bulimico vomita quasi tutto quanto ha ingerito ed è quindi in grado di conservare pressoché inalterato il proprio peso. Una donna bulimica appare perfetta, severa, fredda, distaccata. Anch'essa suscita ammirazione, e anche a lei non è facile avvicinarsi. E' un tipo razionale, giudizioso, cerebrale, una persona dalla quale non si vorrebbe essere giudicati. Nessuno sospetterebbe che lei, la perfetta, si rimpinza fino a non poterne più e poi vomita. E' il suo segreto, e per nulla al mondo lo rivelerebbe. Tale segreto la rende infinitamente sola, in quanto è qualcosa che non può condividere. Esteriormente appare forte, ma come sia dentro nessuno lo sa.

Di norma la fame smodata condizionata a livello psicologico conduce all'obesità, quando l'eccessiva quantità di cibo ingerita non viene espulsa dall'organismo o viene espulsa troppo raramente. In una cultura che ha fatto della magrezza il suo ideale di bellezza la donna obesa suscita ribrezzo e repulsione. Considerata un'entità neutra, è costantemente oppressa dall'idea di dover dimagrire. E' avvolta da una spessa barriera, uno strato isolante che lei stessa ha costruito tra sé e gli altri.

(Tratto da "Donne che mangiano troppo" di Renate Gockel)

venerdì 3 maggio 2013

Aspetto funzionale dell'anoressia all'interno della famiglia.
A volte l'anoressia può assumere una forma di utilità nell'economia familiare: ossia può apportare qualche beneficio indiretto all'interno della famiglia.
A volte, ad esempio, l'anoressia può impedire una separazione tra due coniugi che risulterebbe troppo dolorosa per la figlia. Oppure può distogliere l'attenzione da gravi problemi e stress che hanno colpito il nucleo familiare (si pensi a un lutto). O ancora può riequilibrare i rapporti familiari, come nel caso di una madre che pone tutte le sue attenzioni sulla figlia minore, trascurando la maggiore fino a quando quest'ultima, tramite la malattia, "costringe" la madre a concentrarsi su di lei.
In alcuni casi la malattia della figlia è dunque il male minore all'interno di alcune dinamiche familiari e appena la ragazza si avvia alla guarigione si può verificare un sensibile peggioramento delle problematiche individuali e di relazione all'interno della famiglia.
(Tratto da "Anoressia, amica mia namica mia" di Igino Marchi)

giovedì 2 maggio 2013

L'AMBIENTE FAMILIARE

Proviamo a descrivere i profili di alcune tipologie di "famiglie anoressiche"

Assenza o carenza di espressione autentica delle emozioni.
Cioè la difficoltà di esprimere apertamente e direttamente le emozioni al diretto interessato. quel che avviene è una comunicazione di tipo più indiretto per cui, lamentandosi con la figlia, il padre si riferisce alla moglie. E ancora, la figlia, per esprimere il suo rancore verso la sorella, si sfoga con la madre.
In queste famiglie dire apertamente e direttamente quello che si pensa è difficile e complesso.
Pensiamo a una figlia che finalmente riesce a esprimere la sua rabbia verso la madre, la quale in risposta a ciò la rimprovera pesantemente per la sua mancanza di rispetto e conseguentemente non le rivolge più la parola per qualche giorno. Inevitabilmente questa ragazza imparerà che non è il caso di dire chiaramente quello che si pensa,e  che anzi è una cosa sbagliata e indegna per una figlia. Inevitabilmente adotterà un sistema di comunicazione indiretto.

La sindrome della famiglia perfetta.
In molte famiglie esiste la regola che l'apparenza, l'idea che gli altri si possono fare del nucleo familiare, è un elemento essenziale per il benessere della famiglia stessa. Ecco allora che viene posta una grande attenzione a non scoprire i panni sporchi e i problemi che inevitabilmente ci sono in ogni famiglia. Così, quando c'è un parente in casa, per non fare brutta figura, non bisogna mai urlare o trattare certi argomenti tabù.
Questo toglie spontaneità alla comunicazione extrafamiliare, rendendola spesso costruita, fatta di modi e contenuti talora "falsi".
Ebbene, un simile tentativo di apparire felici, sorridenti, uniti ha un prezzo: quello di reprimere le proprie emozioni e di consumare tutti i disagi e i problemi entro la famiglia, che diviene col tempo un'autentica polveriera con bomba a orologeria.

Eccessiva importanza ai risultati e alle prestazioni.
In ogni famiglia esiste una gerarchia di valori spesso impliciti che classifica l'importaza di ciò che si fa. Se il voto che si prende a scuola, il risultato nella gara sportiva, il vestito che si indossa hanno n estremo valore e vengono considerati i passaporti per la vita, nelle ragazze nascerà pian piano la convinzione che i sentimenti, gli scambi d'affetto, la comprensione reciproca abbiano un'importanza  relativa.
La laurea con 110, il lavoro prestigioso, la frequentazione di determinati ceti sociali assumono così un'importanza vitale.
Si pensi poi a che cosa succede se più o meno esplicitamente la madre comunica che è importante avere una bella linea per essere accettati e apprezzati nel mondo: se la figlia è emotivamente fragile e prende alla lettera tali precetti, può intraprendere la dieta e attuarla nel modo più drastico e inflessibile che le riesce.

La famiglia chiusa.
Che una famiglia sia unita e condivida i problemi e le gioie è apprezzabile da tutti, tuttavia quando il noi come gruppo familiare sovrasta l'io come individualità non ne possono che scaturire danni.
E' importante sottolineare che ogni persona è una individualità che in quanto tale ha diritto di scegliere liberamente chi frequentare e quale strada intraprendere all'esterno della famiglia; se ciò viene impedito, e la scelta della facoltà universitaria o i lo ragazzo da frequentare diventano una scelta famigliare più che personale, l'autonomia di decisioni e la capacità di responsabilizzarsi viene meno. E' questo il motivo per cui in queste famiglia difficilmente un componente può pensarla diversamente da un altro, perlomeno in forma esplicita e chiara, e le scelte fatte sono sempre frutto di decisioni corali su questioni troppo personali.

La famiglia iperprotettiva.
Ogni membro della famiglia aiuta e sostiene l'altro in maniera continua anche quando non ce ne sarebbe necessità. Ad esempio se una figlia deve compiere un viaggio, la madre si prodiga per procurarle il biglietto e informarsi sulle diverse tappe e insidie che può incontrare. O ancora, se la madre ha poche linee di febbre, la figlia può evitare di uscire quella sera o addirittura chiamare il medico di famiglia a casa.
Tale interdipendenza reciproca rafforza sì i legami tra i componenti della famiglia, ma impedisce un'adeguata costruzione dell'autonomia e dell'iniziativa personale.

La famiglia caotica.
E' una famiglia non strutturata e instabile. Le regole sono contraddittorie e l'espressione della rabbia avviene in modo esagerato e distruttivo. E' il caso che può favorire problemi di bulimia nervosa più che di anoressia.

(Tratto da "Anoressia, amica mia nemica mia, di Igino Marchi)